Il palazzo in miniatura di Nicolò Grimaldi

Stipo Castello Sforzesco

Nicolò Grimaldi (1500ca.-1594) Principe di Salerno, Duca di Eboli, Conte di Rapolla, e Signore di Altavilla; detto “il Monarca”, fu il più grande banchiere genovese del secondo Cinquecento. Finanziatore a tassi d’usura di tutte le guerre di Carlo V e di Filippo II; così potente da essere ritenuto nel 1575 uno dei responsabili della bancarotta della Corona spagnola. Nel 1564, all’apice della ricchezza e del prestigio, comincia a pensare ad una dimora degna del suo rango. Occorrono tre anni solo per sbancare il terreno sul quale sorgerà il più grande e monumentale palazzo di Strada Nuova (che diventerà dopo l’unità d’Italia sede del Comune di Genova). Architetti di questo imponente palazzo sono Giovanni e Domenico Ponzello (1520ca.-1598, 1589), allievi di Galeazzo Alessi (1512-1572), che vi lavorano tra il 1572 e il 1579. L’insieme, con paraste bugnate nel primo ordine, lesene doriche nel secondo e mascheroni digrignanti scolpiti da Taddeo Carlone (1543-1613), esce, complice le dimensioni, aggressivo e prepotente come il suo committente.

Presso le Raccolte artistiche del Castello Sforzesco di Milano si conserva uno stipo che è, con alcune variazioni riguardanti il portale, il modello esatto del corpo centrale affacciato su Strada Nuova del palazzo genovese. E’ un mobile di esecuzione accuratissima e di non grandi dimensioni (lungo 113 centimetri, è alto 58 profondo 46), minuzioso, pieno di cassetti, cassettini, complicazioni e segreti. Si direbbe opera di uno di quegli ebanisti “d’oltralpe”, forse un tedesco, attivi in Italia in questi anni a Genova come a Napoli e in altre città della penisola.
Sulla placca della serratura del portale è inciso lo stemma di Ulpiano Volpi (1559-1629), arcivescovo di Novara di origini comasche ma soprattutto potente prelato della curia romana sotto Sisto V, Paolo V, Gregorio XV e Urbano VIII. Alla sua morte, nel marzo del 1629, lo stipo era presso la sua residenza in palazzo Colonna, come testimonia l’inventario dei suoi beni. Al suo interno reliquie e preziosità che l’inventario trascrive con minuzia: “fascetti di scritture”, “un bicchiere di corno indorato e dentro rosso”, “due anelletti con la croce di Malta”, “pietrucce”, “due medaglie d’ottone con il ritratto di Papa Paolo”, “un cartoccetto con dente di cavallo marino”, “un caraffino con dentro dell’olio”, “uno scatolino con sei pietrucce piccole”, “l’immagine di San Carlo e diverse reliquie con cristallo intorno”, “sei immagini della madonna di Loreto in argento, piccole”, “uno scattolino con un poco di Belzuarro” e altro ancora. Non stupisce il potente prelato possedesse un mobile ricolmo di simili quisquiglie che però, va detto, poco si addicono all’immagine severa e austera della sua effige in un bronzo opera di Alessandro Algardi (1595-1654) oggi al Museo Poldi Pezzoli di Milano.
Risulta più difficile  capire come questo stipo a foggia del palazzo del “Monarca”, certo eseguito su commissione del proprietario del palazzo stesso prima del 1593 – anno della vendita per il tracollo finanziario legato alla corona di Spagna – giunse nelle mani del Volpi che non risulta essere stato in relazione col Grimaldi. Va detto che lo stemma dell’arcivescovo inciso sulla placca della serratura fa pensare a un dono; l’incisone, a ben guardarla, non è di eccelsa qualità e ha un carattere ornamentale decisamente posticcio.
Ma cosa legò i due uomini? Entrambi ebbero strette relazioni con la corte imperiale spagnola: Grimaldi era stato il banchiere di Filippo II, il prelato nunzio a Madrid all’epoca del successore Filippo III. Clelia Alberici, che per prima studiò questo mobile, ipotizzò un dono dell’imperatore Filippo III al Nunzio apostolico di Papa Paolo V. Ma se così fosse c’è da chiedersi come giunse lo studiolo alla corte di Madrid. E’ Possibile che “il Monarca” lo avesse donato ricolmo di doni a Filippo II in segno di sublime sottomissione. Ipotesi, suggestioni destinare a svaporare prestissimo come la storia stessa di questo palazzo fedele miniatura che è, nella storia del mobile italiano del Cinquecento in cui gli studioli sono palazzi immaginari, un unicum.

Bibliografia: 
C. Alberici, Uno studiolo che ritrae Palazzo Tursi di Genova, in: “Rassegna di Studi e notizie”, 1997, Vol XXI, Anno XXIV, pp. 11-25

0 replies on “Il palazzo in miniatura di Nicolò Grimaldi”