Intagliatore romano su disegno di Giovanni Battista Piranesi, Coppia di tavoli a console, 1766 ca.
Legno intagliato e dorato, piani in marmo (non pertinenti), cm 90x149x74
Amsterdam, Rijksmuseum
Minneapolis, Arti Institute
Gli unici mobili sino ad oggi noti eseguiti su disegno di Giovanni Battista Piranesi, sono la coppia di consoles intagliate e dorate oggi divise tra l’Art Institute di Minneapolis e il Rijksmuseum di Amsterdam.
Caratterizzate da una fascia articolata in morbide curve e ornata in altorilievo da bucrani, palmette e cespi fogliacei, poggiano su cinque grifi monopodi fasciati da guaine fogliacee, dalle cui ali pendono, a mo’ di collane, festoni di fiori. La loro immagine è incisa da Piranesi alla tavola 63[1] delle Diverse maniere, accompagnata da una didascalia che ci fornisce il nome del committente:
Questo tavolino ed alcuni ornamenti che sono sparsi in quest’opera, si vedono nell’appartamento di Sua Ecc.[ellen]za Monsig [nor] D. Gio. Batt[ist]a Rezzonico Nipote e Maggiordomo di N.S.PP. Clemente XIII.
Il prelato, Gran Priore dell’Ordine di Malta, Maggiordomo del papa e protettore di Piranesi nella Roma dello zio, papa Clemente XIII, è anche il dedicatario della celebre raccolta, che vide la luce nel 1769. L’appartamento del Rezzonico al quale Piranesi fa riferimento, andato perduto, sappiamo che si trovava nel palazzo del Quirinale. L’incarico di “maggiordomo del papa” gli permetteva infatti di risiedere nel palazzo della corte pontificia”.[2] In assenza di un documento – non si conoscono le date esatte di questi lavori -, ci viene in aiuto una lettera di Luigi Vanvitelli, dell’ottobre 1766. L’architetto, mai ben disposto nei riguardi di Piranesi, scrive al fratello:
Piranesi à talento ma è perfettissimo matto in tutto; perciò niente mi ritorna nuovo intorno alli suoi dispendiosi ed importanti ornati che averà fatto per il Nepote Santissimo.[3]
L’uso del verbo al futuro anteriore indica che i lavori nell’autunno del 1766 erano ancora in corso d’opera e che Vanvitelli non aveva ancora avuto modo di vederli. Non si hanno notizie dei due tavoli sino al 1783, quando questi compaiono nell’inventario post morten delle stanze che il prelato occupava nel palazzo del Campidoglio del fratello, il Senatore di Roma Abbondio, dove si era trasferito dopo aver abbandonato l’appartamento del Quirinale in seguito alla morte, nel 1769, dello zio papa:
Due tavolini di sette, e tre e mezzo centinati impellicciati d’alabastro di Montauto con bastoncino di metallo dorato con piedi a zampa tutti intagliati con festoni, ed altri ornamenti dorati[4]
Nulla è noto della storia collezionistica successiva: se ne perdono le tracce per due secoli. Ricompariranno negli anni Settanta del Novecento sul mercato antiquario italiano prima di essere acquistati dai musei di Minneapolis e Amsterdam, entrambi senza i preziosi piani di alabastro decorati da cigli in bronzo dorato descritti nell’inventario.[5] Rispetto all’incisione, per quanto riguarda la parte lignea, è evidente che sono andati perduti in entrambi parte dei festoni legati da nastri alle punte delle ali dei grifoni: ne rimangono mozziconi, ben visibili nell’esemplare conservato al Rijksmuseum, nei punti in cui questi si congiungevano al margine inferiore delle fasce.
Se l’impianto rococò dell’insieme con i piani “centinati” è piuttosto convenzionale, di bel disegno e squisitamente piranesiano è il composito fregio con bucrani, palmette e girali scolpito in altorilievo sulle fasce. Le gambe, vero elemento caratterizzante, sono derivate da quelle di due mobili, certamente ben noti nella Roma del tempo, come la coppia di consoles in bronzo realizzate nel 1742 da Francesco Giardoni su commissione del papa Benedetto XIV per accogliere piani ricavati da un pavimento musivo proveniente da Villa Adriana. Ha scritto Alvar Gonzàlez-Palacios a proposito di quei due capolavori del mobile tardo barocco romano:
Nothing made at that time was closer to Piranesi’s taste for the monumental. As the Pope donated these solemn objects to the Capitoline Museum in the same year, Piranesi would undeniabily have seen them”.[6]
Piranesi muta però le protomi di leone in più mostruose teste di grifoni; le gambe, naturalistiche e possenti nei tavoli di Giardoni, acquistano una elegante doppia curvatura completamente rivestita con più ordini di minute guaine fogliacee. Come negli altri mobili presentati nelle Diverse maniere, le forme d’insieme appartengono al più squisito gusto Rococò, mentre tutta la minuta ornamentazione è un campionario di ornati di gusto antiquario. Tra i disegni del vasto corpus grafico piranesiano, non si conservano studi preparatori per questi mobili.
[1] La tavola della raccolta Diverse maniere d’adornare i camini (Roma, 1769) non reca la numerazione, ma è inserita tra la 62 e la 64 [2] A. Gonzàlez-Palacios, Piranesi e la decorazione, in: Nostalgia e invenzione. Arredi e arti decorative a Roma e Napoli nel Settecento, Milano 2010, p. 174 [3] F. Strazzullo, a cura di, Le lettere di Luigi Vanvitelli della Biblioteca Palatina di Caserta, Galatina 1977, 3 Voll., III, p. 357 [4] B. Contardi, Piranesi in Campidoglio, in, Studi sul Settecento romano, 13, 1997, p. 167 [5] A. Gonzàlez-Palaciois, Op.cit., 2010, p.182, nota 9 [6] A. Gonzàlez-Palacios, Piranesi and furnishings. In. Piranesi as designer, catalogo della mostra, Cooper-Hewitt, National Museum, Smithsonian Institution, settembre 2007 – gennaio 2008 (a cura di S. E. Lawrence), New York 2007, p. 226