Giuseppe Maggiolini, Cassetta, 1790 ca
Fusto in legno di noce intarsiato in bois de rose, palissandro, mogano, bosso, pero, acero tinto verde, frassino e altri legni non correttamente identificabili, cm 47x32x16
Firma a bulino: “Maggiolini”
Milano, Fondazione Cariplo
Bibliografia:
G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’officina del Neoclassicismo, Milano 1994, pp. 134-137
Questa cassetta, parte delle collezioni di Fondazione Cariplo, appare del tutto identica a una già esposta alla mostra del 1938[1] e successivamente pubblicata dal Morazzoni nel 1953[2]. Sebbene le due cassette si discostino per una differenza nel motivo dell’incorniciatura delle riserve, resa da una doppia filettatura ombreggiata in una, e da un più ricercato cordone finemente intarsiato nell’altra, del tutto identiche appaiono invece, se la vecchia fotografia non inganna, le tarsie sui due coperchi.
Nel fondo di bottega è conservato un disegno esecutivo messo a punto per queste scatole (Inv. C 53)[3] che un’iscrizione ricorda eseguito da Giuseppe Levati. Sul medesimo foglio, assieme ad alcune note tecniche relative alla costruzione, figura l’appunto: “Cas.[set]te Carovelli”, che suggerisce il nome del committente. Molto probabilmente, e l’abbreviatura del plurale “cassette” seguita dal nome di un singolo committente lo confermerebbe, la bottega attese ad una commessa comprendente più pezzi. Alla possibilità di un’originaria commessa di quattro cassette, sembrerebbe condurre un secondo disegno (Inv. B 114)[4], anch’esso attribuibile a Giuseppe Levati, per quattro medaglie allegoriche, una delle quali è proprio quella intarsiata sull’antina interna del coperchio della scatola in Fondazione Cariplo.
Degne di nota sono le maniglie in bronzo che, non proposte nel disegno, vengono menzionate in una nota: “si desidera unire la maniglia col ornato”. La firma incisa a bulino sulla tarsia, non rarissima nei mobili degli anni Novanta, potrebbe ricondurre le cassette alla produzione di quel decennio.
Oltre alle due qui citate, l’unica cassetta sicuramente congedata dalla bottega di Parabiago oggi nota agli studi è quella conservata presso le Civiche Raccolte d’Arte Applicata del Comune di Milano. Presenta un’impostazione simile a quella delle due descritte: al centro del coperchio, inscritto non più in un rombo ma in un esagono allungato, è anche qui inserita una ricca allegoria e le fasce sono accomunate dalla ripetizione di un’allegoria delle Arti. Anche in questo caso compaiono belle maniglie in ottone dorato. L’interno presenta, sul verso del coperchio, un pannello riccamente intarsiato. Oramai ottocentesca ma riconducibile all’opera della bottega è infine una raffinata scatoletta da ricamo parte di una collezione privata[5].
Non pochi dubbi si conservano invece sull’attribuzione alla bottega maggioliniana di un’altra piccola cassetta, già esposta alla mostra del 1938[6] e pubblicata da Morazzoni[7] la quale, sia nel goffo decoro che si rifà a stilemi tipicamente maggioliniani, sia per l’infelice esecuzione, sembra piuttosto opera di una di quelle botteghe coeve molto attive sulla scia della bottega di Parabiago.
[1] Mostra commemorativa di Giuseppe Maggiolini, catalogo della mostra (Milano, Museo di Milano, novembre / dicembre 1938), Milano 1938, p. 38, Tav. 40 [2] G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano, 1953, Tavv. LX-LXI [3] G. Beretti, A. Gonzáles-Palacios, Giuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, Milano 2014, pp. 255-256 [4] Ibidem, pp. 112-113 [5] G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’officina del Neoclassicismo, Milano 1994, p. 137 [6] Mostra commemorativa di Giuseppe Maggiolini, catalogo della mostra (Milano, Museo di Milano, novembre / dicembre 1938), Milano 1938, p. 38, Tav. 41 [7] G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano 1953, Tav. LXI