Un guéridon a Palazzo Isimbardi

Gueridon Giuseppe Maggiolini

Giuseppe MaggioliniGuéridon, 1809 ca
Fusto in legno di noce, abete e pioppo intarsiato in palissandro, bois de rose, mogano, noce, bosso, acero, acero tinto verde, frassino, ciliegio e altri legni non correttamente identificabili. Piedi in legno di noce ebanizzato. Bronzi cesellati e dorati
Milano, Palazzo Isimbardi

Bibliografia:
G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’offcina del Neoclassicismo, Milano 1994, pp. 186-189
E. SalaUn guéridon con fiori, delfini e leoni, in G. Beretti, a cura di, Maggiolini al Fuorisalone, catalogo della mostra (Milano, Galleria San Fedele, 13-19 aprile 2015), Milano 2015, scheda 16

Nella Milano di inizio Ottocento, ormai stato satellite della Francia napoleonica, il gusto dell’arredamento cambia radicalmente: le delicate decorazioni floreali e le nostalgie dell’Antico non affascinano più la società e la corte militaresca dell’imperatore. Giuseppe Maggiolini dimostra ancora una volta grande capacità di adattamento nel venire a patti con le nuove esigenze del gusto, riproponendo un’autonomia linguistica che non raramente sfocia in opere di buon livello.

Gueridon Giuseppe Maggiolini

E’ il caso di un guéridon, com’erano chiamati alla francese i tavoli rotondi, oggi conservato a Milano presso Palazzo Isimbardi. Maggiolini lo esegue secondo il più tipico impianto dei tavoli francesi di gusto Impero, con un cassetto nella fascia sottopiano e un pianetto di raccordo tra le quattro gambe mosse, terminanti in zampa ferina intagliata e ebanizzata, con celate piccole rotelle per renderene agevole lo spostamento. Il decoro a intarsio è però ancora di forte impronta neoclassica secondo i migliori repertori della produzione maggioliniana. Sul piano, attorno ad una grande cartella centrale dove l’impiallacciatura di palissandro è stesa a spicchi, Maggiolini compone per mezzo di quattro vele alternate a quattro lunghe mandorle, tutte profilate da fini bordure, una ricca incorniciatura secondo uno schema ben collaudato nella produzione di tavoli da gioco di questi anni. Nelle mandorle prendono posto minuti e luminosi festoni di fiori in legni policromi, nelle vele delfini dalle code intrecciate attorno a una conchiglia. Circa quest’ultimo motivo presso il Fondo Maggiolini si conservano due disegni preparatori (Inv. A 227 e A 228)[1] datati 1808 e 1809. Il primo reca una preziosa iscrizione, forse di pugno dello stesso Maggiolini: “Al tavolo rotondo genovese / 7.bre 1808”. Nel Fondo è presente anche il disegno utilizzato per il fregio con antemioni intarsiato in legno chiaro sulla fascia sottopiano (Inv. B 612)[2]. Il pianetto di raccordo tra le gambe è centrato da un grande rosone del quale però non si conserva il disegno preparatorio; sui lati esterni delle gambe, entro sottili riserve ribassate, corrono a intarsio motivi fogliacei.

Giuseppe Levati delfini per tarsia Giuseppe Maggiolini
Giuseppe Levati (?), Conchiglia attorniata da due delfini con rami di lauro, 1808. Grafite, penna e acquerello seppia su carta bianca, mm. 72×247. Milano, Gabinetto dei disegni delle Raccolte artistiche del Comune di Milano, Raccolta Maggiolini, Inv. A 227

A impreziosire il mobile sono infine bottoni in bronzo dorato che decorano i raccordi tra le gambe e il pianetto circolare, mentre nella fascia sottopiano, in bronzo cesellato e dorato, sono quattro protomi leonine con anelli tra le fauci.
I due disegni datati 1808 e 1809 con delfini e conchiglie oggi conservati presso il Fondo Maggiolini, sovrapponibili in modo palmare agli intarsi nelle vele del piano, possano ritenersi con certezza relativi all’esecuzione di quest’opera per la quale certo una datazione prossima al 1809 appare del tutto verosimile.

Fregio per tarsia Giuseppe Maggiolini
Disegnatore della bottega di Giuseppe Maggiolini, Studio di fregio, 1800 ca. Grafite e penna su carta bianca, mm. 75×164. Milano, Gabinetto dei disegni delle Raccolte artistiche del Comune di Milano, Raccolta Maggiolini, Inv. B 612

[1] G. Beretti, A. Gonzáles-PalaciosGiuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, Milano 2014, pp. 60-61 [2] Ibidem, p. 209

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