Giuseppe Maggiolini, Console, 1785 ca
Fusto in legno di noce intarsiato in palissandro, bois de rose, bosso e acero. Bronzi cesellati e dorati. Piano in marmo (forse non pertinente). Cm 84x130x64,5
Genova, Palazzo Reale. Inv. n. 823
Bibliografia:
G. Morazzoni, Il mobile neoclassico italiano, Milano 1955, tav. CXLVII
G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’officina del Neoclassicismo, Milano 1994, pp. 182-185
Pubblicata per la prima volta nel 1955 da Giuseppe Morazzoni come opera di un “artefice genovese verso il 1790” è la console conservata presso il Palazzo Reale di Genova, già Palazzo Durazzo.[1] Furono la collocazione del mobile, e probabilmente la quantità e la qualità dei bronzi che ne completano le superfici, a ingannare Morazzoni.
Fra i quasi duemila disegni che compongono il prezioso Fondo Maggiolini si conserva un disegno in scala 1:1 nel quale sono specificate la gamba e la fascia di un tavolo parietale (Inv. C 178)[2] che costituisce il progetto esecutivo del mobile in questione. E’ un disegno nel ductus prossimo ai fogli con certezza attribuibili a Giuseppe Levati, ricco di dettagli e annotazioni autografe di Giuseppe Maggiolini che permettono di ricondurre con certezza la console all’opera della bottega di Parabiago. Ad oggi, va detto, è l’unico mobile noto di questa tipologia eseguito da Maggiolini.
Il celebre Intarsiatore delle Loro Altezze Reali si distacca dalla più consueta produzione per avvicinarsi ancora una volta a modelli francesi, realizzando un’opera del tutto riuscita.
In questo mobile, di giusta misura, ben proporzionato nella tripartizione, di chiara impronta parigina, della fascia frontale che cela tre cassetti, appare perfettamente risolto l’incontro tra tarsie e montature in bronzo.
La tavolozza è incentrata su l’impiego di pochi legni: bois de rose per le incorniciature, uno scuro palissandro per i fondi dei fregi con intarsi chiari in bosso e acero. Tutti i motivi ornamentali che rivestono le superfici si attengono fedelmente al progetto esecutivo. Sull’alta fascia del mobile corre, in riserve finemente incorniciate, un fregio intarsiato con girali fogliacei, anfore e fauni. In particolare il girale con il piccolo fauno, presente sul progetto definitivo, ricorre anche in diversi altri fogli conservati nel Fondo Maggiolini (Inv. A 350, A 377, B 485, B 553, C 275)[3]. Le gambe troncopiramidali sono intarsiate sui quattro lati con fregi a fogliette d’ulivo digradanti; gli spigoli sono impreziositi da bacchette cilindriche in bronzo dorato.
Di particolare interesse è la guarnitura di bronzi finemente cesellati e dorati. Ben specificati nel progetto, furono in realtà eseguiti con alcune varianti. I cartocci di foglie d’acanto che completano inferiormente le gambe, diventano nel mobile tronchi di colonna scanalati sormontati da una corona fogliacea e completati inferiormente da una sfera. La cornice in bronzo che delimita inferiormente le fasce, nel disegno solamente accennata, è realizzata secondo un bel tema ornamentale composto da ovoli e fogliette. Tradotte con fedeltà al progetto sono le grandi foglie d’acanto che rivestono le mensole che raccordano le gambe alle fasce. Leggermente variati i piccoli rosoni posti al di sotto di queste.
Come la composizione architettonica e le tarsie, anche i bronzi, così come specificati nel disegno, appartengono pienamente al gusto dell’ornamentazione milanese.
Al verso del progetto compare una piccola ma assai interessante iscrizione di pugno di Maggiolini: “Genova Sig. Parodi”. Genova è senza dubbio la città di destinazione della console, eseguita probabilmente per un membro della famiglia Durazzo e destinata all’omonimo palazzo dove ancora oggi si conserva. A chi si riferisca il “Sig. Parodi”, è da ricercare nella “computisteria” della stessa famiglia Durazzo, pubblicati da Alvar Gonzàlez-Palacios e Edi Baccheschi, dove troviamo un pagamento, tra il 1781 e il 1782, per “una guarnizione di comode” eseguita dal bronzista Agno Parodi.[4]
La console in questione è dunque un arredo eseguito da Giuseppe Maggiolini, verosimilmente attorno alla metà degli anni Ottanta del Settecento – non molto dopo l’esecuzione della celebre commode Serra – ma inviato a Genova spoglio dei bronzi che oggi vediamo, opera di un bronzista legato al committente, probabilmente l’Angelo Parodi ricordato nelle carte della contabilità Durazzo.
Va infine sottolineato che il bel tema decorativo intarsiato sull’alta fascia della console, il girale d’acanto che si trasforma nella coda del piccolo fauno, ricorre su altri mobili eseguiti da Giuseppe Maggiolini; è rintracciabile in una coppia di secrétaires, uno dei quali pubblicato da Giuseppe Morazzoni alla tavola XXXII del suo volume dedicato all’ebanista,[5] nonché sui frontali dei cassetti di una coppia di angoliere oggi presso una collezione privata.[6]
[1] G. Morazzoni, Il mobile neoclassico italiano, Milano 1955, tav. CXLVII [2] G. Beretti, A. Gonzáles-Palacios, Giuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, Milano 2014, pp. 286-287 [3] bidem, pp. 76, 80, 186-187, 198-199, 308 [4] A. Gonzáles-Palacios, Il mobile in Liguria, Genova 1996,p. 292 [5] G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano 1953, Tav. XXXII [6] G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’officina del Neoclassicismo, Milano 1994, p. 184